La lettera aperta di un Volontario ricevuta dal Sindacato militare S.I.A.M.O. Esercito in merito al precariato.
“E mentre agli occhi del Paese risplendono le gesta dei militari, impiegati ed impegnati sia in territorio estero che in territorio nazionale anche nella prevenzione e contrasto all’emergenza pandemica da Sars-Cov-2, pronti a portare la loro opera con professionalità ed abnegazione, negli occhi di chi li guida c’è forse ancora un esercito di coscritti, di manovalanza a basso costo, ritenuti forse, senza professionalità?”
Inizia così la lettera aperta di un Volontario ricevuta da questo Sindacato – “Questi sono i Militari professionisti che da anni aspettano che venga loro riconosciuto il traguardo del transito in servizio permanente.”
“Un traguardo non dovuto, sia chiaro, ma per tutti ampiamente meritato.” – Continua la lettera – “Un traguardo che dal 2014 si è sempre più percepito come irraggiungibile, anno dopo anno, immissione dopo immissione, lasciando ragazzi non più giovani nell’incertezza e nella frustrazione, bando dopo bando, spingendoli a cercare riconoscimenti altrove, spesso nelle Forze dell’Ordine che sembrano apprezzare maggiormente la volontà dei giovani ed in cui con poche procedure e in breve tempo possono vedere il raggiungimento di un traguardo, quello della sicurezza familiare e il riconoscimento del proprio lavoro come professionisti.
Succede così che l’Esercito invecchi, inesorabilmente, perdendo consistenza alla base della sua struttura, e tutti sanno che un palazzo non può stare in piedi se non ha fondamenta solide.
Militari non più giovani, che dopo nove, dieci anni di precariato, attendono una stabilizzazione, che quando finalmente giunge porta con sé l’amara presa di coscienza che in realtà si era già transitati in servizio permanente da molti mesi. E a questo ritardo si aggiunge l’attesa della prima assegnazione, che può richiedere diversi mesi, che si somma al ritardo già accumulato, cosicché un collega possa veder passare tra decorrenza giuridica e prima assegnazione anche due anni e mezzo.
Attualmente in servizio la nostra Forza Armata vanta tra i propri ranghi VFP4 arruolati nel 2014, che provengono dall’arruolamento VFP1 del 2012, colleghi che ad oggi possono vantare ben 9 anni di servizio, più di quanti ne servano per essere promossi al grado di Capitano partendo fin da subito per l’accademia, con un bagaglio culturale ed esperienziale degno sicuramente di essere preso in considerazione, ma che invece racconta ben altro.
Parliamo di uomini e non più ragazzini sulla soglia dei trent’anni che ancora non possono sottrarsi a retaggi della leva obbligatoria come la sveglia e il contrappello, che venivano usati per controllare che nessuno si fosse sottratto ai propri obblighi verso la Patria. Retaggi applicati oggi a Professionisti che indossano l’equipaggiamento individuale e pattugliano tutti i giorni le nostre strade, che vigilano per il mantenimento della pace per le strade del Libano e che fino a pochi mesi fa addestravano il personale in Afghanistan.
Ma infondo, un esercito di professionisti è tale solo se questa professionalità viene riconosciuta prima dai propri vertici.”
Nella speranza quindi che queste parole non rimangano inascoltate, questa O.S. ha inoltrato alcune proposte all’Autorità Politica e Militare, confidando inoltre in una rapida risoluzione per gli arruolati con l’immissione 2014 e per quelli successivi, poiché questi notevoli ritardi hanno creato non solo malumore tra i militari interessati, ma hanno ingenerato anche incertezza, demotivazione oltre che una vera e propria penalizzazione negli sviluppi di carriera con “svantaggi” che non potranno essere sanati negli anni avvenire.
Fonte: S.I.A.M.O. Esercito