Il mercato del gas nell’Unione Europea, le tensioni Russia – Ucraina e la profonda crisi energetica da affrontare.
L’Europa in questi mesi è stata l’epicentro di una pesante crisi energetica, con prezzi aumentati vertiginosamente già dal mese di aprile quando le condizioni climatiche insolitamente fredde avevano fatto sì che il gas europeo in stoccaggio scendesse al di sotto della media quinquennale pre-pandemia, indicando una potenziale crisi dell’offerta. Tale impennata dei prezzi, che ha causato un calo delle importazioni e l’esaurimento delle scorte, è stata imputata alla politica “aggressiva” di Mosca tesa a destabilizzare il mercato energetico europeo, che si riassume nelle seguenti azioni:
- Riduzione dei flussi di gas negli impianti di stoccaggio dell’UE;
- Stabilizzazione del mercato dei prezzi del gas solo previo rilascio rapido della certificazione operativa del nuovo gasdotto russo (Nord Stream 2);
- Proposta di un nuovo contratto di fornitura del gas alla Moldova contenente l’accettazione di particolari condizioni politiche.
Il Cremlino, invitato a fornire spiegazioni in merito alla suddetta riduzione dei flussi, specificava di aver soddisfatto tutti i contratti a lungo termine con i suoi clienti europei, sottolineando che le cause della crisi andavano identificati in errori di pianificazione commessi da Bruxelles che non avrebbero consentito di coprire la domanda europea.
Mosca precisava, altresì, che la crisi potrebbe stabilizzarsi in tempi brevi attraverso forniture sostenute da consegne pluriennali da Russia, Algeria e Norvegia: sottolineando che Gazprom (società statale russa) è disponibile a coprire tutte le esigenze europee, ma previa sottoscrizione di contratti a lungo termine, indispensabili per assicurare gli investimenti necessari per porre in essere l’adeguamento infrastrutturale necessario per l’aumento della produzione.
Chiaramente le cause della crisi non sono da imputare unicamente a Mosca, ma all’insieme di una serie di cause quali:
- ripresa della domanda internazionale di gas dopo la pandemia;
- forte domanda di gas naturale liquefatto in Asia (che ha attirato a se carichi che altrimenti si sarebbero diretti in Europa);
- minore produzione di energia eolica nei mesi estivi (che ha fatto crescere la richiesta di gas per l’energia elettrica);
- lo stop imposto a 5 centrali nucleari francesi per manutenzione di emergenza;
- progressiva chiusura del giacimento di Groningen, nei Paesi Bassi.
La riduzione dei flussi e le tensioni Russia – Ucraina
La disputa geopolitica tra Russia ed Ucraina dura da decenni ma la reale destabilizzazione diventò evidente all’opinione pubblica internazionale nel 2005, quando Mosca pretese che Naftogaz (compagnia di gas ucraina) saldasse il debito accumulato, accusando, al contempo, Kiev di prelevare (in maniera illegale) il gas diretto in Unione Europea.
La tensione salì fino a sfociare in un’interruzione delle forniture energetiche verso l’Ucraina di tre giorni, risolvendosi provvisoriamente con la sigla di un nuovo contratto di fornitura tra i due paesi, che durò fino al 2007 quando Gazprom chiese a Kiev di rispettare gli impegni presi provvedendo al saldo dei debiti nei tempi stabiliti, minacciando di porre in essere un nuovo blocco delle forniture.
Queste ulteriori tensioni rientrarono nel 2008 dopo la sigla di un accordo di rateizzazione del debito, ma ulteriori pressioni poste in essere dal Cremlino causarono un nuovo stop paralizzando tutto il comparto industriale ucraino e causando, al contempo, un calo della produzione anche in altri 18 Paesi europei.
Da allora Mosca ha iniziato un graduale processo di riduzione della quantità di gas transitante per l’Ucraina, nell’arco del decennio 2009-2019 ha applicato un taglio netto dei flussi di circa il 45%.
L’ennesima crisi avvenuta a dicembre 2019, rafforzata dalle sanzioni statunitensi, ha spinto Gazprom e Naftogaz a raggiungere un nuovo accordo (attualmente in vigore) limitatamente al quinquennio 2020-2024, nel quale venivano concordati volumi e costi annui per il transito dei flussi sul territorio ucraino
Le decisioni assunte da Mosca e Bruxelles, conseguenti a questa crisi, influenzeranno i futuri equilibri energetici europei, in quanto da una parte il Cremlino opterà per lo sviluppo di nuovi gasdotti che aggirino l’Ucraina al fine di porre termine alle tensioni con Kiev, e dall’altra l’Unione Europea deve decidere come diversificare fonti e fornitori di energia.