di Fabio Perrotta
27 aprile 1945, la cattura di Benito Mussolini ad opera del finanziere Urbano Lazzaro, conosciuto col nome di battaglia “partigiano Bill”.
All’indomani del fatidico 8 settembre 1943, anche i finanzieri si schierarono a favore della Resistenza, sia nel territorio nazionale che nei Paesi limitrofi.
Nel 2005, il Museo Storico della Guardia di Finanza ha organizzato il Convegno “La Guardia di Finanza nella Resistenza e nella Liberazione di Milano”. Negli atti del Convegno è riportata la storia del finanziere Urbano Lazzaro (1924-2006), sin dal suo arruolamento nella Guardia di finanza nella primavera del 1943.
Quando, nell’aprile 1944, giunse l’ordine per tutti i militari della Guardia di finanza di giurare fedeltà alla Repubblica Sociale Italiana, Lazzaro ritenne di dare ascolto alla sua coscienza di fervente antifascista, si rifiutò di giurare e per non subire l’arresto e la prigionia in Germania si rifugiò in Svizzera.
A settembre rientrò in Patria per unirsi ai partigiani che operavano sul monte Berlinghera, sul versante occidentale del lago di Como. Diventò in breve tempo elemento di punta della brigata partigiana, con l’incarico di vice commissario politico.
Nelle giornate dell’insurrezione generale, il “partigiano Bill” (nome di battaglia di Lazzaro), fu al comando del battaglione partigiano che catturò i presidi fascisti e tedeschi di Domaso, Gravedona e Dongo. Lazzaro fu protagonista di una delle pagine di storia più importanti: la cattura di Benito Mussolini.
La Cattura del Duce
Il 27 aprile 1945 uno dei partigiani incaricati dell’ispezione, Giuseppe Negri, detto “Biondino”, scoprì Benito Mussolini travestito da soldato tedesco, immediatamente informò Bill, che intervenne arrestando il Duce. Dapprima portarono Mussolini al municipio di Dongo, poi lo trasferirono nella caserma della Guardia di Finanza nella vicina località di Germasino. Storia che si concluse con la fucilazione di Mussolini e dei gerarchi fascisti e con la macabra esposizione dei cadaveri a piazzale Loreto a Milano.
Subito Dopo la fine della guerra, il finanziere Lazzaro fu assegnato all’ufficio partigiano incaricato di condurre le istruttorie per il rilascio degli attestati ai partigiani combattenti. Esplicò la sua attività con zelo e scrupolosità e si attirò l’odio di molti di coloro che si erano imboscati durante la guerra di liberazione. Gli stessi che solo dopo la sconfitta dei nazifascisti si rivelarono patrioti e armati di tutto punto si pavoneggiavano per le vie della città.
Il finanziere Lazzaro ricevette la medaglia di bronzo al V.M. per le sue gesta durante la lotta partigiana e per la cattura del Duce. Promosso al grado superiore per meriti di guerra, anche il finanziere Lazzaro, come tantissimi altri appartenenti alla Guardia di finanza, non si vide riconoscere compiutamente il contributo prestato alla lotta di liberazione. Messo in disparte, allo scioglimento dell’ufficio, preferì congedarsi dal Corpo.
Ulteriore amarezza fu procurata al finanziere Lazzaro dal suo coinvolgimento nell’inchiesta penale per i fatti “dell’oro di Dongo”, la cui estraneità fu dimostrata solo nel 1957.