Pensioni 2025-2026, novità per i futuri pensionati: Riduzioni degli assegni e nuovi coefficienti di trasformazione.
Per le pensioni del prossimo biennio 2025-2026 va via via delineandosi un futuro poco incoraggiante se consideriamo le recenti novità introdotte dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. L’aggiornamento dei coefficienti di trasformazione e il rallentamento della rivalutazione degli assegni pensionistici avranno un impatto tangibile sugli importi percepiti. Ecco un’analisi dettagliata delle modifiche e delle loro implicazioni.
Rivalutazione delle vecchie pensioni dal 2025: Cosa cambia?
Dal 1° gennaio 2025, l’incremento degli assegni pensionistici sarà pari all’1,6%, una percentuale nettamente inferiore rispetto al 5,4% applicato nel 2024. Questo calo è il risultato di un’inflazione più contenuta registrata nel 2023, secondo i dati ISTAT.
La rivalutazione segue un meccanismo progressivo:
- Pensioni fino a 4 volte il minimo INPS (circa 2.100 €): rivalutazione completa dell’1,6%.
- Esempio: Un assegno di 1.000 € aumenterà di 16 € al mese.
- Tra 4 e 5 volte il minimo INPS (2.100-2.600 €): rivalutazione al 90%, cioè circa l’1,44%.
- Tra 5 e 6 volte il minimo INPS (2.600-3.100 €): rivalutazione al 75%, cioè circa l’1,2%.
- Oltre 6 volte il minimo INPS (oltre 3.100 €): rivalutazione al 50%, cioè lo 0,8%.
Le pensioni minime, che nel 2024 hanno già beneficiato di una “super-rivalutazione”, potrebbero subire ulteriori adeguamenti, portandosi dai 614,77 € mensili attuali a una cifra potenziale di 650 €, se verranno trovate le risorse necessarie.
Coefficienti di trasformazione nuove pensioni 2025-2026: Riduzioni in vista
A far discutere in questi giorni e la questione riguardante i nuovi coefficienti di trasformazione, introdotti con il DM 20 novembre 2024 e validi dal 1° gennaio 2025. Questi coefficienti, aggiornati ogni due anni per tenere conto dell’aspettativa di vita, determinano quanto del montante contributivo accumulato si traduce in pensione annua.
Le revisioni per il biennio 2025-2026 mostrano riduzioni tra l’1,55% e il 2,18%, in linea con le tendenze negative delle precedenti revisioni (escluso il biennio 2023-2024, influenzato dall’effetto Covid).
Esempio di impatto sui lavoratori
- Un lavoratore con un montante contributivo di 415.109,17 € che va in pensione a 58 anni:
- Prima del 2025: 17.377,29 € lordi annui.
- Dopo il 2025: 17.099,45 € lordi annui.
- Differenza: -277,84 € annui, ovvero circa 23,15 € al mese.
Con un’età di pensionamento più avanzata e un montante contributivo maggiore, gli importi aumentano, ma rimangono influenzati dai nuovi coefficienti.
Prospettive future
Il passo indietro registrato dai coefficienti e la rivalutazione ridotta generano certamente un pò di amarezza nei lavoratori prossimi alla pensione. Per ottimizzare l’importo, è consigliabile posticipare il pensionamento, ove possibile, sfruttando eventuali benefici normativi come il “moltiplicatore” previsto dal D.Lgs. 165/1997 per il comparto sicurezza e difesa.
Riguardo poi alle forze armate e di polizia, bisogna considerare anche l’attuale rinnovo contrattuale 2022/2024. Non è ancora stato firmato, ma dalle notizie trapelate l’aumento dichiarato dalle sigle sindacale “dovrebbe” ridurre o addirittura eliminare tale deficit.
Se poi viene accompagnato anche da un tasso annuo di capitalizzazione per la rivalutazione dei montanti contributivi rivisto al rialzo, invece, dovrebbe esserci addirittura un piccolo aumento. Attendiamo gli sviluppi futuri!
Tasso annuo di capitalizzazione ultumi 5 anni:
- 2020 – 1.019199;
- 2021 – 0.999785;
- 2022 – 1.009973;
- 2023 – 1.023082;
- 2024 – 1.036622.
Consulta la Nota ISTAT.
Con oltre 3 milioni di italiani in età pensionabile entro il 2028, il sistema previdenziale dovrà affrontare crescenti pressioni, soprattutto nelle regioni meridionali, dove il numero di pensioni erogate supera quello degli stipendi da lavoro.
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