Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio: Sospensione di un militare per mancata adesione all’obbligo vaccinale.
Un recente caso legale, riguardante la sospensione di un militare per la mancata adesione all’obbligo vaccinale, è stato oggetto di un ricorso e successiva sentenza. L’articolo approfondisce i dettagli del caso e analizza le argomentazioni presentate dalle parti coinvolte.
Premessa
Un militare è stato sospeso dal servizio per non aver aderito all’obbligo vaccinale, per tale motivo ha presentato un ricorso contro l’amministrazione militare. Il ricorrente sostiene che la sospensione sia illegittima, poiché è stata emessa durante un periodo di malattia e al di fuori dell’ambito applicativo della legge.
Contestazione del militare e difesa dell’amministrazione
Il militare ricorrente afferma che la sospensione dal servizio sia ingiustificata perché era assente per malattia e lamenta un trattamento discriminatorio rispetto ad altri militari sospesi per motivi disciplinari. Dall’altra parte, l’amministrazione militare sostiene che la sospensione è stata effettuata in ottemperanza alle disposizioni normative sull’obbligo vaccinale e che il periodo di malattia non esonera il militare dall’adempimento dell’obbligo. Inoltre, viene messa in discussione la ragionevolezza e la proporzionalità delle misure adottate dal legislatore per l’obbligo vaccinale durante la pandemia.
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La decisione della corte sulla mancata adesione all’obbligo vaccinale
La corte ha analizzato attentamente le argomentazioni presentate dalle parti coinvolte nel ricorso ed ha deciso che la sospensione durante il periodo di malattia è legittima, il personale in malattia è considerato in servizio secondo le norme del Codice dell’Ordinamento Militare. Solo dopo 45 giorni di assenza per malattia, il militare viene collocato in aspettativa e quindi esentato dall’obbligo vaccinale. La corte fa riferimento alle direttive applicative del Ministero della Difesa che escludono dall’obbligo vaccinale i militari in aspettativa.
La validità dell’obbligo vaccinale
La corte ha stabilito che l’obbligo vaccinale per il personale militare è giustificato per prevenire la diffusione del virus. Nonostante l’efficacia dei vaccini non sia del 100%, la vaccinazione rappresenta comunque una misura scientificamente valida per proteggere la salute pubblica e la collettività. La corte cita la decisione della Corte Costituzionale che ha confermato l’efficacia dei vaccini nel prevenire l’infezione da SARS-CoV-2 e la riduzione del rischio di malattia grave.
La sospensione e la retribuzione
La corte ritiene sia corretta la decisione dell’Amministrazione di appartenenza, sia della sospensione dal servizio che del blocco della retribuzione. La legge stabilisce che in caso di mancata documentazione comprovante la vaccinazione, si procede alla sospensione del diritto di svolgere l’attività lavorativa senza retribuzione per il periodo di sospensione.
Bilanciamento dell’interesse pubblico e tutela dei lavoratori
La corte respinge l’accusa di aver ricevuto un trattamento discriminatorio rispetto ad altri militari sospesi per motivi disciplinari, sottolineando che le situazioni sono diverse. La sospensione per violazione dell’obbligo vaccinale può essere risolta immediatamente mediante la vaccinazione, e la sospensione della retribuzione è considerata una conseguenza naturale della mancata erogazione della prestazione lavorativa. La corte riconosce l’obbligo vaccinale come un requisito essenziale per lo svolgimento del lavoro e sottolinea che la sospensione del rapporto di lavoro è una scelta che bilancia l’interesse pubblico nel contenimento della diffusione del virus con la tutela dei lavoratori.
Decisione finale e conclusioni sulla mancata adesione all’obbligo vaccinale
La corte quindi ha respinto il ricorsorso presentato dal militare. Conclude che l’operato dell’amministrazione militare è stato considerato legittimo e che l’obbligo vaccinale per il personale militare è giustificato per ragioni di salute pubblica e protezione collettiva.
Questo caso legale sulla sospensione di un militare per non aver aderito all’obbligo vaccinale evidenzia l’importanza di attenersi alle normative in materia di salute pubblica. La sentenza stabilisce che l’obbligo vaccinale per il personale militare, in questo caso, è ragionevole e proporzionato, offrendo una protezione efficace contro la diffusione del virus.
Fonte:
Giustizia Amministrativa.
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Riferimenti:
– T.A.R. per il Lazio N. 08244/2023 del 15/05/2023;
– art. 4-ter e 4 -quinquies del D.L. 1 aprile 2021, n. 44;
– legge 28 maggio 2021, n. 76;
– D.L. 26 novembre 2021, n. 172;
– legge 21 gennaio 2022, n. 3;
– Circolare M_D n. 228670 del 10 dicembre 2021;
– artt. 875, 884 Norme Unificate per la concessione delle licenze ai militari;
– Tar Lazio-Roma, sent. n. 1304/2022; sent. n. 269/2022; ord. n. 992/2022; ord. n. 1575/2022;
– Corte costituzionale, sent. n. 15/2023; sent. n. 268/2017.
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La domanda a questa sentenza nasce spontanea: se l’individuo si trova in malattia, quindi a casa, fino a quando non rientra sul luogo di lavoro e gli venga data l’idoneità dalla locale infermeria o addirittura dal CMO, quale attività lavorativa svolge? La prassi corretta sarebbe quella che al momento del rientro in servizio, dopo essere stato dichiarato idoneo, venisse richiesta l’attestazione di avvenuta vaccinazione per poter espletare l’attività lavorativa. Nel caso sprovvisto si dovrà attuare tutta la procedura prevista, dunque i 5 giorni e poi i successivi 15 giorni.
Domanda più che legittima. La risposta secondo il Tar è: vista la direttiva M_D n.228670, condivisa pienamente dal Collegio, solo il personale in aspettativa è sollevato dall’obbligo e non il ricorrente. Trattandosi di infermità temporanea (infiammazione tendinea).