Perchè il Donbass?

Perchè il Donbass

Ci siamo chiesti perchè il Donbass? Il carbone e non solo…

di OR-4

Con Donbass ci si riferisce alla regione che comprende parte del bacino del Donez e dello Dnepr, tra Ucraina e Russia.

Il Donbass è una regione economico-culturale dell’Ucraina, con numerosi giacimenti di carbone che la resero, grazie alla sua estrazione, progressivamente sempre più importante, fino a tempi moderni, riserve particolarmente “significative” per lo Stato (bacini di Doneck, Leopoli-Volinia e del Dnepr). Si è anche notato come le aree dove il fervore dei separatisti sia stato più clamoroso, corrispondevano alla maggiore distribuzione di quei lavoratori impiegati nelle industrie che costituivano la spina dorsale dell’economia delle regioni, vale a dire, minatori e operai.

Durante la seconda guerra mondiale, l’intera area, fu teatro di moltissimi scontri tra le truppe naziste tedesche e quelle sovietiche, dove quest’ultima ne uscì, infine, vincitrice.

Nel 2014, al rimbombo delle controversie contro lo Stato, nella quale i separatisti chiesero un referendum riguardo allo status delle loro regioni all’interno dell’Ucraina, si giunse, unilateralmente, alla detta indipendenza, assumendo il nome di “Repubblica Popolare di Doneck” e “Repubblica Popolare di Lugansk”, queste repubbliche non sono mai state identificate dallo Stato ucraino, come autonome, rivendicandone l’intero territorio e considerandole apertamente come “organizzazioni terroristiche ed occupate temporaneamente da gruppi armati illegali”.

Nella regione del Donbass dal 2014 vi è una sanguinosa ed ininterrotta guerra civile tra le forze separatiste filo-russe (con l’appoggio, anche, della Federazione Russa) e il governo Ucraino post-Euromaidan (con l’aiuto, ancora, del Distaccamento autonomo operazioni speciali “Azov”).
Il 21 febbraio 2022 il presidente della Federazione Russa Vladimir Putin ha ufficialmente siglato il riconoscimento dell’indipendenza delle due repubbliche separatiste, inviando nel Donbass le proprie truppe militari, con l’apparente giustificazione del successivo raggiungimento della pace.

Un passo indietro

L’Ucraina, indipendente dall’Impero Russo dal 1918 e separato dal territorio, alla caduta dell’URSS, con il riconoscimento dell’indipendenza nel 1991 è uno Stato che conta circa quarantacinque milioni di abitanti di cui, oggi, circa il 70% è di etnia Ucraina e circa il 20% di etnia Russa.
Tutte le forze militari e quelle di sicurezza, sono sotto il comando diretto del presidente dell’Ucraina, ed alla supervisione parlamentare della Verchovna Rada (Parlamento monocamerale Ucraino) e si presenta, politicamente, come una repubblica semi-presidenziale con la classica tripartizione dei poteri.
A seguito dell’indipendenza, con la “Dichiarazione di sovranità statale dell’Ucraina”, siglata nel 1990, essa, si dichiarò Stato neutrale (modellò una certa associazione militare con la Russia ed altre nazioni della Comunità degli Stati Indipendenti, stabilendo anche una tipologia di Partenariato per la pace con la NATO nel 1994).
Quando, successivamente, nel 2013, dopo che il Presidente Janukovyc ebbe deciso di non osservare gli embrionali accordi con l’Unione Europea, esprimendosi a favore delle relazioni economiche più attagliate alla Russia, ebbero inizio una serie di manifestazioni (Euromaidan) che durarono per diversi mesi e che raggiunsero l’apice nella rivoluzione, rovesciando il governo (2014), che portò all’insediamento di un nuovo governo ad interim presieduto da Turcynov e successivamente dall’eletto Porosenko.

Precisazione

Sin dal Presidente Kravcuk (1991 – 1994) i rapporti tra lo Stato Ucraino e quello della Federazione Russa scricchiolavano in relazione al controllo degli armamenti russi della flotta del Mar Nero ancorata a Sebastopoli ma successivamente, con Kucma (1994 -2005) si distese la tensione, ecco che alla fine degli anni ’90 le nuove vedute, però, circa l’eventuale partenariato con la NATO riaccese delle tensioni con la Federazione Russa.

Quindi

La forte componente identitaria russofona nel territorio Ucraino, soprattutto nell’area del Donbass, ha cavalcato l’onda del tempo nella disputa tra la Federazione Russa e lo Stato Ucraino, di altra natura, non solo per le proprie peculiarità minerarie ma per il fine stesso identitario, sulla falsa riga della Crimea, difatti, molti sondaggi che furono condotti in quei territori mostravano come coloro che si dichiaravano sostenitori delle ragioni dei separatisti fossero spesso inclini a dichiararsi russi o di identità mista, anziché ucraini.

Quando, eletto dal popolo, il Presidente Zelensky (2019) promise durante la sua campagna per le elezioni presidenziali che si sarebbe occupato, definitivamente, del conflitto per risolverlo e le sue “aperture” verso l’Occidente, l’Unione Europea e la NATO si iniziarono a concretizzare, la Federazione Russa storse il naso ma cercò una materiale risoluzione, per ambo le parti, sulla questione Donbass, finché nell’ottobre 2019, Zelensky, raggiunse l’accordo per lo scambio dei prigionieri e promise, nonostante numerose critiche, di riconoscere eventuali elezioni nelle regioni, in cambio del ritiro delle truppe russe dai territori.
Tra i contrari all’accordo vi furono i combattenti del Distaccamento autonomo operazioni speciali “Azov” che Zelensky incontrò personalmente col tentativo di far deporre le armi, il risultato fu che il Presidente venne tacciato di essere filo-russo e di voler svendere l’ucraina al nemico come verificato in passato.

… il Donbass, il genocidio, i russofoni, i crimini di guerra, la propaganda belligerante, le richieste alla NATO, all’Unione Europea, il pensiero centrista, nazista e comunista, quegli accordi non scritti, le decisioni di un popolo ingannato dalla storia, le lotte intestine di uno Stato libero, le torbide accuse, l’arroganza dei governi, i giacimenti di materie prime; tutti motivi scatenanti, gocce che hanno riempito un vaso di astio interno e con gli stati esteri.

Storie che hanno debilitato, limitando il fiorire di una nazione sia economicamente che culturalmente, schiacciata tra Occidente e Oriente in una lotta di false contese e pretestuose promesse per la formale conquista ideologica e stringenti accordi economici da strapparsi tra loro.

Nessuna ragione potrà mai giustificare la perdita di vittime innocenti ed è per questo che la diplomazia è sempre la via più giusta.

Nessuna giustificazione per nessuno, solo condanne!

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